Con sentenza della Corte di Cassazione n.589 del 14 gennaio 2014 si è affermata l’illegittimità del licenziamento di un lavoratore – con precedenti sanzioni per contestato furto all’interno dell’azienda – a seguito di contestazione disciplinare per essersi rifiutato di mostrare il contenuto del marsupio al personale di sorveglianza a seguito della accensione della luce rossa del sistema imparziale di controllo posto all’uscita dello stabilimento e di essersi poi allontanato.
La Corte ha rigettato il ricorso promosso dall’azienda contro al sentenza della Corte d’Appello di Napoli che aveva accolto le ragioni del lavoratore. Con sentenza depositata il 18 ottobre 2010, infatti, la Corte d’appello di Napoli accoglieva il gravame dichiarando l’invalidità del licenziamento ed ordinando alla società l’immediata reintegrazione dell’appellante nel posto di lavoro, con condanna al risarcimento del danno nella misura pari alle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento a quella della reintegra, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali.
Condannava, inoltre, la società alla integrale regolarizzazione della posizione contributiva previdenziale e compensava interamente le spese del doppio grado.
Secondo i giudici della Suprema Corte “nella valutazione della gravità della condotta non poteva prescindersi da tutte le circostanze del caso concreto, con riferimento alle particolari condizioni in cui essa è posta in essere, ai suoi modi, ai suoi effetti ed all’intensità dell’elemento psicologico dell’agente (Cass. 29.10.10 n. 22170, Cass. 29.03.2010, n. 7518, Cass. 22.6.09 n. 14586), evidenziando l’assenza di elementi di sospetto in ordine alla possibile sottrazione di beni aziendali; la circostanza, emersa dall’istruttoria e ritenuta del tutto verosimile, che, dati i precedenti disciplinari citati, il ricorrente fosse effettivamente oggetto di pressanti e continui controlli datoriali (come emergeva anche dalla riferita e non contestata circostanza che il T. iniziò ad utilizzare il piccolo “marsupio”, al posto del più voluminoso zaino sportivo che era solito indossare), elementi tutti che consigliavano di ritenere il rifiuto opposto più un atto di insofferenza alla pressione esercitata nei suoi confronti che una preordinata volontà di insubordinazione ad un ordine datoriale.
Quanto ai precedenti disciplinari, deve osservarsi che la Corte di merito mostra una loro congrua valutazione, ritenendoli tuttavia nella specie non attinenti alla condotta contestata (insubordinazione), sì da non poterne inferire, sotto il profilo psicologico, una maggior gravità dell’elemento intenzionale, ritenendo nel caso concreto conforme al principio di proporzionalità di cui all’art. 2106 c.c., l’adozione di una sanzione conservativa in luogo della massima ed estrema sanzione del licenziamento in tronco (cfr., ex aliis, Cass. n. 13294/03; Cass. 12747/03).”
Avv. Pietro Cotellessa