Con sentenza n. 22321 del 30 settembre 2013, la Cassazione ha affermato che una condotta lavorativa, scevra da precedenti disciplinari e la volontà di riparare il danno esclude la risoluzione del rapporto di lavoro. Sia il Tribunale del Lavoro di Roma che la Corte di Appello avevano confermato la legittimità del licenziamento, atteso che il lavoratore aveva richiesto ed incassato un rimborso spese relativo ad una trasferta effettuata non da lui ma da un suo collega.
La Suprema Corte, censurando le decisioni di merito, ha sostenuto che non era stato dato il giusto rilievo ad alcune testimonianze le quali sostenevano che il lavoratore era disponibile a restituire quanto incassato dopo aver saputo della contestazione in arrivo. La Cassazione ha affermato che non sussiste la prova piena della intenzionalità (dolo) e che la “evidente contraddizione motivazionale incide sia sulla valutazione dell’elemento soggettivo della gravità del comportamento addebitato al lavoratore, sia sul giudizio di proporzionalità della sanzione inflitta”: alla luce di quanto sopra viene rimessa alla Corte d’Appello, in una diversa composizione, la valutazione del caso che tenga conto delle incertezze riguardo al dolo e la certezza di una carriera aziendale priva di precedenti di natura disciplinare. Tale orientamento appare andare in controtendenza anche rispetto ad alcune pronunce recenti (Cass. n. 1814/2013 e Cass. n. 20722/2010) ove erano stati dichiarati legittimi i recessi datoriali adottati per sottrazioni anche di modesta entità.