Con la sentenza n. 17582 del 4 agosto 2014 la Corte di Cassazione ha stabilito che vanno annullate le sanzioni disciplinari irrogate al dipendente comunale per il suo rifiuto di prendere parte a riunioni del Consiglio comunale indette in orario serale, dunque fuori dall’orario di lavoro contrattualmente previsto.
La Suprema Corte spiega che a seguito della c.d. privatizzazione del pubblico impiego, salvo ipotesi specifiche (si pensi, ad esempio, ai vigili del fuoco o ai magistrati), ai dipendenti pubblici è estesa la normativa inerente il rapporto di lavoro privato.
Per tale motivo non è possibile costringere il dipendente a prestare ore di straordinario senza il suo consenso, salvo che vi siano accordi espressi tra dipendente e datore di lavoro o si tratti di una situazione di eccezionale gravità e urgenza.
Nel caso di specie il dipendente ha provato che tali riunioni sarebbero avvenute con regolarità in orari serali e, in assenza di specifici accordi con il dirigente preposto all’organizzazione e al funzionamento dell’ufficio comunale, lo stesso dipendente si sarebbe dapprima prestato a tali mansioni per poi successivamente rifiutarsi.
A nulla è valsa la difesa comunale, la quale faceva riferimento a un interesse pubblico superiore all’espletamento delle funzioni, al fine di salvaguardare il buon andamento dell’azione amministrativa: la Suprema corte ha avallato la decisione del giudice di merito confermando l’estensione applicativa dei principi di matrice civilistica, tra cui il generale dovere di correttezza e buona fede – ex artt. 1175 e 1375 cod. civ. – che nel caso di specie non è stato rispettato dalla pubblica amministrazione.
Avv. Pietro Cotellessa