Il Tribunale di Lanciano (CH), con sentenza n. 112 dello scorso 7 luglio, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato dalla SEVEL spa (società del gruppo Fiat), ad un lavoratore per presunti abusi nella fruizione dei permessi L. 104/92 per assistenza disabili.
ll Tribunale frentano ha respinto il ricorso della Sevel avverso l’ordinanza del giudice del lavoro del 2013 con la quale si dichiarava illegittimo il licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore e si condannava la società datrice al reintegro del lavoratore e, al pagamento di una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dall’ultima retribuzione globale di fatto.
Il caso ha riguardato un lavoratore che, è stato licenziato senza preavviso perchè, in uno dei tre giorni richiesti, per permessi L. 104/92, per l’assistenza ad un parente con handicap in situazione di gravità, il lavoratore non si recava presso l’abitazione del parente assistito. E ciò, a seguito delle risultanze dell’attività svolta da investigatori incaricati dalla ditta datrice di lavoro, Gli investigatori dichiaravano di non aver visto uscire il lavoratore dalla propria abitazione nè di averlo visto entrare nell’abitazione dell’assistito.
Nel corso del giudizio è emerso però che il lavoratore ha effettivamente “destinato, seppur per un periodo di tempo limitato, rispetto all’orario di lavoro il permesso lavorativo richiesto all’assistenza del disabile al quale era destinato”. Il Tribunale ricorda come l’onere della prova della sussistenza della giusta causa del licenziamento spetti al datore; sicchè, quest’ultimo avrebbe dovuto dimostrare in giudizio che “il dipendente durante il periodo in cui si trovava nella casa del disabile, non le avesse prestato dovuta assistenza occupandosi di tutt’altro”. Prova questa che non è stata mai raggiunta.
Di conseguenza, si legge nella sentenza, risultano insussistenti i fatti posti a “giusta causa del licenziamento, vale a dire di non aver svolto assistenza al congiunto disabile nei modi previsiti dalla legge e dall’INPS “dedicandosi al contrario ad incombenze di personale interesse”. Non è richiesto infatti, precisa il Giudice, “un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale” del disabile a maggior ragione se si considera raggiunta la prova che, il lavoratore ha comunque prestato assistenza al disabile e, “non si è dedicato ad occupazioni con essa incompatibili, tali in ogni caso da giustificare l’adozione della sanzione disciplinare nella sua massima gravità e da costituire altresì illecito penale”.
Nel caso di specie, conclude il Tribunale” l’esame complessivo di tutti gli aspetti della vicenda, fra i quali si evidenziano: l’effettiva assistenza al disabile per alcune ore nelle giornate di permesso, la mancanza di diverse occupazioni, lavorative o meno, con tali assistenza incompatibili; la ridotta se non addirittura l’assenza di dolo in capo al lavoratore, che ha invocato a sua discolpa, la volontà dell’assistito che lo avrebbe congedato poco dopo il suo arrivo, ritenendo in tal modo non più necessaria la sua presenza all’interno dell’abitazione del disabile; la mancanza di precedenti disciplinari in capo al lavoratore, fanno ritenere una evidente sproporzione in eccesso della sanzione disciplinare del licenziamento inflitta al lavoratore rispetto ai fatti contestati, tali da escludere la sussistenza di una giusta causa e da determinare anche sotto questo profilo l’illegittimità del recesso datoriale “per insussistenza del fatto giuridicamente rilevante”, con conseguente applicazione della tutela reale prevista dall’art. 18 Statuto dei lavoratori”.
Pertanto, il Tribunale rigetta il ricorso e conferma integralmente quanto già previsto con l’ordinanza del Giudice del lavoro del 25 giugno 2013 rendendo così definitivo l’annullamento del licenziamento disciplinare e la condanna della SEVEL alla reintegra del lavoratore oltre al pagamento di una indennità risarcitoria.
di Massima Di Paolo