Questa vuole essere una piccola guida per tutti coloro che si trovano ad affrontare un problema sempre più frequente negli ultimi tempi, ovvero il mancato pagamento dello stipendio da parte del datore di lavoro.
Di solito quando il lavoratore arriva a rivolgersi all’ avvocato ci si trova a dover rispondere più o meno alle stesse domande. Ciò perché la disciplina legale si incardina su alcuni passaggi fondamentali del codice civile e le perplessità e i dubbi di coloro che si trovano a dover fronteggiare un insoluto, dipendono da pochi elementi costanti.
Per questa ragione ho raccolto le principali domande che vengono poste nel corso del colloquio con l’avvocato e ho preparato una sintesi della procedura di recupero del credito e delle sue possibili varianti che vuole essere d’aiuto a chi si deve approcciare al legale, oltre che utile per consentire la gestione della pratica nel modo più chiaro, efficace ed economico.
E’ ovvio che un’assistenza qualificata non può essere sostituita dalla semplice lettura della presente guida, i casi particolari sono infiniti.
Affidarsi ad un avvocato giuslavorista costituisce, quindi, certamente la soluzione più efficace.
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1. NON MI PAGANO PIU’ LO STIPENDIO / HO LASCIATO IL LAVORO DA TEMPO SENZA AVER PERCEPITO LE ULTIME MENSILITA’ ED IL TFR. DEVO ASPETTARE?
In questi casi quello che conta è l’essere tempestivi e non confidare nella buona volontà altrui perché il ritardo nella tutela dei propri diritti potrebbe portare gravi pregiudizi. Spesso solo i creditori più attivi riescono ad ottenere il pagamento del dovuto. Questo accade perché quando un’azienda collassa non c’è sufficiente patrimonio per accontentare tutti i creditori.
In tale frangente si deve perciò scegliere se vogliamo essere fra quelli che saranno pagati o se ci accontentiamo di restare fra quelli che aspettano che succeda qualcosa.
Aspettare troppo può allora voler significare che l’azienda è passata dallo stato di crisi al collasso e non c’è più altro da fare che proporre istanza di ammissione al passivo fallimentare e presentare la domanda di erogazione da inoltrare al fondo di garanzia dell’INPS, con ovvio ritardo nell’incasso del dovuto.
2. HO LA CERTEZZA CHE RECUPERERO’ I MIEI SOLDI ?
Ciascun caso dovrà essere sottoposto ad un attento screening preventivo circa la possibilità di un effettivo recupero delle somme dovute, dopo una prima verifica presso le banche dati informative (CCIAA, Registro Protesti, Registro Beni Immobiliari, PRA etc.). In ogni caso, come ultima possibilità, rimane il Fondo Garanzia INPS.
3. COSA DEVO FARE?
Di solito si tenta prima un recupero stragiudiziale con una possibile, ma non indispensabile, intimazione di pagamento a mezzo lettera raccomandata. In difetto di riscontro positivo alla diffida inviata seguirà la fase giudiziale con il ricorso al Giudice del Lavoro e, successivamente, quella dell’esecuzione forzata avanti il Giudice dell’Esecuzione.
Il passaggio alla fase giudiziale comporta necessariamente il rivolgersi al Tribunale del Lavoro, ovvero alla sezione specializzata presente presso ogni sede principale di Tribunale Circondariale. Il Tribunale competente è in linea di massima quello del luogo ove si è svolto il rapporto di lavoro, dove questo è cessato o quello del luogo ove ha sede il soggetto datoriale.
4. QUANTO TEMPO OCCORRE?
Per i lavoratori l’accesso alla giustizia è facilitato dalla previsione da parte del legislatore della possibilità di ottenere un decreto ingiuntivo su cedolino (art. 633 c.p.c.). E’ infatti previsto che chi vanta un credito fondato su prove documentali (la busta paga è ritenuta tale) può usufruire di una procedura speciale che consente di ottenere in poco tempo l’emissione da parte del giudice di un ordine di ingiunzione nei confronti del datore di lavoro per il pagamento immediato di un importo pari alle somme indicate nella busta paga maggiorate di interessi e spese.
5. COS’E’ IL DECRETO INGIUNTIVO?
L’emissione del decreto ingiuntivo non avviene in contraddittorio (non si tratta di una lunga causa) e il datore di lavoro può dire la sua solo dopo la sua comunicazione (a mezzo notifica). Per ottenere il provvedimento del Giudice favorevole al dipendente è necessario depositare un ricorso per decreto ingiuntivo con allegato il cedolino paga non saldato.
6. E SE LE BUSTE PAGA NON MI SONO STATE CONSEGNATE?
Molto spesso accade che il datore di lavoro non consegni tutte le buste paga e, magari, ometta proprio l’ultima che contiene anche il computo del TFR e delle altre competenze di fine rapporto.
In tale caso non ci si deve però arrendere: la stessa ingiunzione si può anche richiedere per la consegna dei cedolini mancanti oppure per il pagamento in base a dei conteggi analitici redatti da un consulente.
Il Giudice, verificata l’esistenza del rapporto di lavoro intercorso, emetterà decreto d’ingiunzione con l’ordine di consegnare le buste mancanti o, se lo riterrà opportuno, il pagamento per le somme derivanti dal conteggio prodotto.
Il rilascio di decreto in assenza di buste paga è prassi in diversi Tribunali. In linea di massima dovrebbe bastare, in tal caso, allegare al ricorso la lettera di assunzione e di dimissioni o licenziamento, le precedenti buste paga, i CUD, il conteggio analitico ed ogni altro documento proveniente dal datore di lavoro che possa essere utile.
7. DOPO L’INGIUNZIONE CHE SUCCEDE? QUANTO TEMPO DOVRO’ ASPETTARE?
Dopo l’emissione del decreto ingiuntivo si dovrà provvedere alla sua notificazione al debitore a mezzo Ufficiali Giudiziari: in generale, chi riceve un’ingiunzione di pagamento del Tribunale ha 40 giorni dalla ricezione dell’atto notificato per fare opposizione all’ordine del Giudice e dare così inizio ad una causa ordinaria per l’accertamento dell’effettività del debito.
Se il debitore (datore di lavoro) non solleva opposizione, decorso il termine di 40 giorni, su istanza dell’avvocato si dichiara il decreto ingiuntivo definitivo e da qual momento si può avviare l’attività che porterà al pignoramento dei beni del debitore con la richiesta di apposizione della formula esecutiva, ovvero dell’ordine agli ufficiali giudiziari ed alle cancellerie (in calce al decreto) di darvi esecuzione.
8. SI POSSONO ABBREVIARE I TEMPI?
Si. Nei decreti ingiuntivi nascenti da crediti da lavoro documentati da buste paga, si può avere un’accelerazione del procedimento: su istanza dell’avvocato, infatti, il decreto può essere emesso provvisoriamente esecutivo fin da subito, consentendo così l’avvio immediato di ogni attività volta ad aggredire il patrimonio del soggetto moroso (art. 642 c.p.c.).
Assieme al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo può essere notificato al debitore anche il precetto ovvero l’intimazione con cui si da quello che può essere definito l’ultimo avviso prima di giungere al pignoramento dei suoi beni.
In via ordinaria, il precetto sottoscritto dall’avvocato deve concedere un termine di 10 giorni all’intimato (il datore o ex datore di lavoro) per pagare l’importo ivi indicato, costituito da quanto non pagato in cedolino, gli interessi e le spese legali liquidate in decreto ingiuntivo oltre a quelle inerenti il precetto medesimo (art. 480 c.p.c.). Ancorché si tratti di prassi non diffusa, in ragione della natura del credito e dell’urgenza del suo incasso, l’avvocato può chiedere al Giudice del lavoro che emette il decreto anche di esentarlo dall’aspettare il termine di 10 giorni prima di passare al pignoramento.
Al verificarsi di tali condizioni, il pignoramento può essere chiesto nello stesso momento in cui si porta in notifica il decreto ingiuntivo unitamente al precetto, altrimenti bisogna aspettare il decorso di gg. 10 dalla notifica.
9. COME FACCIO A RIFARMI SUL PATRIMONIO DEL DEBITORE?
Il pignoramento è il primo atto di esecuzione e serve per aggredire il patrimonio del debitore e soddisfarsi su di esso: ciò può avvenire su beni mobili, beni immobili e su crediti presenti presso terzi.
Si può perciò chiedere, sempre a mezzo del proprio avvocato, che i beni del debitore siano venduti all’asta per soddisfarsi sul loro ricavato o che i crediti del debitore verso soggetti terzi siano messi a disposizione e pagati direttamente al lavoratore fino alla concorrenza del suo credito.
Senza cercare la messa in vendita di beni (la maggior parte delle volte onerosi e di scarso realizzo), si possono aggredire i depositi in banca o i crediti verso i clienti dell’azienda. Ciò è ottenibile in poche settimane e spesso può creare una certa pressione nei confronti del debitore che vede congelati i propri conti bancari o messi in pericolo i più ampi rapporti con la propria clientela. Si deve, infatti, sapere che dopo il pignoramento si apre un processo di esecuzione con un iter procedurale che, se da un lato condurrà alla liquidazione coattiva della parte di patrimonio datoriale aggredito, dall’altro occuperà un periodo che può protrarsi anche per alcuni mesi.
Per questa ragione si deve sempre ricordare che il fattore tempo è essenziale e che chi comincia prima ha le migliori chances di ottenere dei risultati positivi.
Tuttavia, molto spesso questo non basta: la crisi economica porta le aziende vicine al collasso, o persino oltre, ed è perciò necessario adottare terapie d’urto per affrontare situazioni estreme.
10. COSA FARE SE NON SI TROVANO BENI?
In carenza di risultato dell’attività esecutiva, ovvero in presenza di pignoramenti negativi, vi sarà la possibilità di proporre istanza di fallimento.
Giunti a questo punto, anche i datori di lavoro più irriducibili dovrebbero mollare la presa e pagare il dovuto. Si deve, tuttavia, ricordare che la crisi ha ridotto molte imprese allo stato di decozione cosicché al decreto ingiuntivo del dipendente può seguire la dichiarazione di fallimento dell’ex datore di lavoro. Questo, però, non è necessariamente un danno.
11. COS’E’ IL FONDO DI GARANZIA DELL’INPS?
La richiesta di fallimento dell’ex datore di lavoro ha, infatti, sia lo scopo di indurre il pagamento, quale extrema ratio di salvezza dell’imprenditore, sia, in ultima alternativa, il consentire l’accesso al Fondo di Garanzia dell’INPS per il pagamento del credito maturato o di parte di esso.
Presso l’INPS esiste, infatti, un Fondo di Garanzia che copre e paga le ultime tre mensilità ed il TFR dei lavoratori delle imprese che siano state insolventi con i propri dipendenti. I presupposti per il pagamento da parte dell’ente previdenziale sono diversi in base al tipo di società.
12. MI SERVE UN AVVOCATO, DOVRO’ ANTICIPARE DELLE SPESE, MA SE NON ME LO POSSO PERMETTERE?
Tutti coloro che hanno un reddito annuo familiare inferiore ad un determinato importo, possono avvalersi dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato anche per il recupero di quanto spetta per il lavoro prestato; ciò consente a ogni dipendente che ne abbia i requisiti di scegliersi un avvocato iscritto in apposite liste presenti presso l’Ordine degli Avvocati che, senza spese, proponga per suo conto un decreto ingiuntivo o altra azione giudiziale contro il datore di lavoro che non paga.
Avv. Pietro Cotellessa